Tassi di interesse, inflazione, uno scenario macroeconomico complesso: come stanno vivendo questa situazione le imprese e i grandi investitori? Come si configura la chiusura dell’anno e quali saranno gli sviluppi del 2024? In questo articolo, cerchiamo di analizzare in modo oggettivo il contesto di mercato, partendo da elementi concreti che hanno modificato tanto il nostro quotidiano quanto il modo di fare business negli ultimi anni, per provare a ipotizzare i cambiamenti che il nuovo anno ha in serbo per il tessuto imprenditoriale italiano.
Il contesto generale è di indubbia complessità, indotta da tematiche geopolitiche e macroeconomiche, sommate all’onda lunga della pandemia, che ancora causa strascichi. In conseguenza di ciò, la politica monetaria “accomodante” del decennio precedente è venuta meno, con livelli di tassi di interesse che ormai si attesta intorno al 4% e ulteriori elementi di destabilizzazione dettati da periodici conflitti in aree “calde” del Pianeta.
Stante questo quadro, i mercati di capitali hanno mostrato una buona forza, basti pensare che parametri importanti come i beni rifugio, per esempio l’oro, il petrolio e l'indice di volatilità, restano nel range degli ultimi 12 mesi, con qualche lieve variazione. Possiamo, quindi, considerarci fuori pericolo?
Sui tassi di interesse, se guardiamo a quelli impliciti nei mercati a termine (forward), il mercato sta ampiamente prezzando un ribasso già a partire dal 2024.
Per quanto riguarda il rischio di recessione, se esso può ritenersi scongiurato negli USA, permane invece in Europa, con la Germania, vero motore economico dell’UE, che pare chiuderà il 2023 in “recessione tecnica”. Il vero rischio, oggi, è la cosiddetta stagflazione, ossia la concomitanza di due aspetti negativi come l’aumento generale dei prezzi e la mancanza di crescita dell'economia reale.
Come si traduce tutto questo in aspettative per le imprese e per gli operatori di settore?
Il concetto di neofinancing, tra finanza alternativa e complementare
L'Italia, storicamente, è una giurisdizione "banco-centrica", ove l'accesso ai mercati dei capitali è stato privilegio di poche grandi imprese quotate. Ma l'evoluzione dei mercati negli ultimi anni è stata tale da rendere non più sostenibile uno scenario in cui accedere ai capitali è un nice-to-have: oggi anche per le PMI è un must-have avere una fonte credibile di finanza per il proprio sviluppo.
Per le imprese, oggi, è fondamentale poter accedere a fonti diverse rispetto ai loro canali di approvvigionamento di capitale tradizionali, ossia le banche commerciali.
È in corso una piccola “rivoluzione copernicana” in questi anni: la ridefinizione del sistema di approvvigionamento di capitale da parte delle imprese che avevano la banca come unico punto di riferimento. Oggi in questa arena dei soggetti votati a fornire capitale alle imprese, si affacciano anche dei nuovi protagonisti che si affiancano alle banche (finanza complementare).
Questi nuovi operatori sono gli specialisti del private debt, del private equity, del venture capital, degli investimenti in ambito infrastrutturale o immobiliare: tutto ciò che comunemente viene definito come mondo dei mercati privati o private markets. Ma perché accanto alla banca tradizionale c'è bisogno di altri finanziatori non bancari?
Le cause sono principalmente due:
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In primis, quelle di natura normativa e regolamentare. Con l'introduzione dei principi di Basilea 3, in vigore da fine 2013, diventato sempre più difficile per un soggetto bancario prestare soldi ad un soggetto debitore con un merito di credito medio-basso, ossia che presenti piccole dimensioni e una leva finanziaria pronunciata o una scarsa patrimonializzazione. Nel Bel Paese, a questo identikit corrisponde gran parte del tessuto della piccola-media impresa: sono le PMI, quindi, a presentare queste caratteristiche e, di conseguenza, ad avere più difficoltà nell’accesso al credito bancario;
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In secondo luogo, tra il 2018 e il 2022 gli sportelli bancari sono diminuiti del 17,4% (fonte dati UILCA, agosto 2023), e anche questo è sintomatico. In alcuni casi le aggregazioni tra istituti bancari non sono andate di pari passo con l'accumulazione delle linee di credito precedenti alla fusione dal soggetto aggregante e dal soggetto aggregato.
Riteniamo che il perimetro delle attività bancarie sarà probabilmente più circoscritto all'attività ordinaria, mentre per la finanza straordinaria e gli investimenti per il proprio sviluppo, le imprese si rivolgeranno alla finanza non bancaria.
In un ambiente di mercato come quello descritto, sono emersi modelli di servizio diversi, votati a servire le esigenze delle imprese in modo più efficiente, grazie alle dimensioni ridotte e alla tecnologia, che rendono il servizio più rapido, flessibile e agile.
Il Gruppo Azimut si è reso protagonista di numerose iniziative che presentano queste caratteristiche, definite nel complesso con il termine neofinancing, e accomunate dalla missione di fornire supporto alle PMI italiane, in diverse fasi della loro vita aziendale, dal venture capital fino alle large corporate.
All’interno del neofinancing, la nostra missione come Azimut Direct è individuare fonti di capitale esterno, tanto nella forma di debito quanto nella forma di equity, a supporto della crescita delle imprese. E questo capitale viene offerto dal Gruppo Azimut stesso oppure dai nostri partner finanziari appartenenti ad un parterre di investitori istituzionali alternativi, oggi circa 60.
Offriamo un servizio altamente specializzato che consta di 2 soli servizi principali: credito a lungo termine, nelle forme tecniche del minibond, direct lending e obbligazioni convertibili, e in ambito equity, curando interventi nel capitale di rischio, private equity, oppure M&A industriale.
L’impegno di Azimut Direct e la nostra visione sul 2024
Il 2023 ha visto un rush finale di chiusura delle operazioni che beneficiano della Garanzia SupportItalia, misura che si è rilevata preziosa perché ha facilitato l’accesso al credito per le imprese, in scadenza il 31 dicembre. Volge al termine, così, la finestra durata quasi 3 anni del debito assistito dalle garanzie statali, rendendo necessario per il prossimo futuro un esercizio di analisi, di equilibrio e rafforzamento dell’ambito patrimoniale: si prospetta, dunque, una stagione di maggiore attività in ambito equity.
Pensando al 2024, inoltre, si configura una ripresa dell’attività di finanziamenti collateralizzati, ossia dove la garanzia sovrana viene sostituita da una garanzia reale, tipicamente su asset illiquidi nel bilancio delle imprese, come ad esempio le operazioni collateralizzate da crediti commerciali.
Si può ipotizzare anche un incremento del ricorso ai capitali privati, perché la Banche sono state le prime a beneficiare delle garanzie sovrane: quindi, è ragionevole pensare che ci sarà ancora più spazio alla finanza alternativa.
Dalla sua fondazione nel luglio 2021, Azimut Direct ha analizzato più di 22.200 imprese, dialogato e creato relazioni con oltre 2.200 di esse, sparse sul territorio nazionale e trasversali per dimensioni e settori, realizzando circa 200 operazioni, per un controvalore complessivo che supera il Miliardo di euro.
Il 52% delle società appartiene al settore IT & Servizi, a testimonianza dei forti investimenti in sviluppo e transizione digitale, seguito dal 33% del mondo Industriale e Manifatturiero, vero cuore pulsante delle eccellenze nazionali, e dal 9% dell’ambito Food & Beverage, un altro pilastro dell’economia italiana.