Le PMI italiane con elevate potenzialità di crescita hanno bisogno, oggi più che mai, di capitali esterni per avviare o consolidare i propri progetti di sviluppo, l’innovazione tecnologica e l’espansione su nuovi mercati. In parallelo, ci sono investitori che sono interessati a partecipare attivamente e in prima persona alle sfide quotidiane di queste aziende, condividendone gli oneri e i successi. Il punto d’incontro tra queste due esigenze è rappresentato da strumenti di finanza alternativa, come il Private Equity.
Ma cos’è il Private Equity, come funziona e quali sono i suoi vantaggi? Lo spiegheremo nei prossimi paragrafi, aggiungendo anche gli ultimi dati del mercato italiano a fine 2023, attraverso i dati dell’Osservatorio sulla Finanza Alternativa del PoliMi.
Private Equity: che cos’è?
Il Private Equity è l’attività di investimento nel capitale di rischio di imprese non quotate, effettuata da investitori istituzionali con l’obiettivo di ottenere un guadagno derivante dalla quotazione in borsa dell’azienda stessa o dalla vendita della partecipazione acquisita.
Nel concreto, l’attività di Private Equity non si limita all’apporto di capitale di rischio ma comprende anche altre attività connesse e strumentali per lo svolgimento della vita societaria, tra cui supporto al management e la condivisione di know-how, esperienze professionali, contatti e altre relazioni istituzionali.
Come funziona il Private Equity?
Il Private Equity è composto da tre fasi differenti: raccolta, investimento e disinvestimento.
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La prima fase è la raccolta e si concretizza sostanzialmente in attività di fundraising per la costituzione di un fondo chiuso, ovvero fondi con un numero di quote predeterminate, scadenza di lungo periodo (in genere di 10-15 anni), e ammontare di ingresso generalmente superiore a quello dei fondi comuni di investimento.
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La seconda fase è composta dalla scelta delle aziende target non quotate e ad alto potenziale di sviluppo in cui investire i capitali raccolti, su un orizzonte temporale di medio-lungo termine.
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La terza e ultima fase del Private Equity è il disinvestimento, che può avvenire quando la società ha raggiunto lo sviluppo previsto dall’investitore. Il disinvestimento può avvenire in diversi modi: con la vendita dei titoli ad un altro investitore istituzionale o società, con la quotazione in borsa dei titoli della partecipata o con il riacquisto della partecipazione da parte del gruppo imprenditoriale originario.
I vantaggi del Private Equity per le imprese
I benefici del Private Equity sono molteplici, per gli imprenditori, per gli investitori e per tutto il sistema economico nel suo complesso.
Aprire il capitale a un investitore istituzionale significa essere affiancati da esperti che consentano di pianificare strategicamente lo sviluppo dell’impresa, di avere un confronto sul business plan e di impostare al meglio la governance. Tutto questo, senza dover necessariamente cedere la maggioranza della proprietà. Mentre in passato i fondi di investimento acquisivano una partecipazione di maggioranza o addirittura la totalità dell’impresa, da diversi anni si sta affermando un nuovo modello di Private Equity con quote di minoranza qualificata, normalmente tra il 20 e il 40%.
Il Private Equity si rivolge a imprese di dimensioni e settori eterogenei, con benefici chiari e impattanti. Per le aziende più avviate, può essere un ottimo supporto in diverse fasi del proprio ciclo di vita: per lo sviluppo in fase di growth, nella maturità, ad esempio per le aziende in buyout, ossia quando è in atto un radicale cambiamento della proprietà dell’impresa per ricambio generazionale, oppure per le imprese in fase di decline, ad esempio le situazioni di turnaround per ristrutturare realtà in sofferenza finanziaria.
Una delle forme più conosciute di Private Equity è il Venture Capital, che ha un focus specifico sul finanziamento di startup e aziende giovani, ed è spesso associato a settori ad alto potenziale di crescita, come il Tech e l’IT.
I vantaggi del Private Equity per gli investitori
Gli investitori, invece, possono partecipare in prima persona ai successi delle imprese italiane, apportando risorse finanziarie e professionali. La possibilità di entrare nel capitale di rischio di imprese innovative e in forte crescita può inoltre portare a grossi ritorni in termini finanziari.
Mercato italiano del Private Equity: il punto di vista di Azimut Direct
I benefici del Private Equity si estendono a tutta la società: come ogni investimento in economia reale, supportare la crescita e lo sviluppo di imprese ad alto potenziale contribuisce in maniera concreta al progresso tecnologico e alla riduzione della disoccupazione.
Il Private Equity può essere uno degli strumenti con un ruolo primario nella crescita economica italiana, in crescita da dopo la pandemia: basti pensare che nel 6° Quaderno sulla Finanza Alternativa del Politecnico di Milano, rilasciato a fine 2023, il mercato italiano del PE sta registrando una tendenza di crescita.
Questo è positivo: a nostro avviso, infatti, il rilancio del sistema produttivo italiano deve necessariamente passare per interventi sul capitale, che permettano alle imprese di crescere e competere sui mercati internazionali.
In questo contesto, è quindi sempre più necessaria la presenza di intermediari veloci, specializzati e solidi, in grado di stabilire un ponte tra domanda, ossia le aziende, e offerta, cioè gli investitori. In Azimut Direct lo facciamo attraverso un’azione congiunta di consulenza, strutturazione e collocamento di strumenti di finanza alternativa – tra i quali il Private Equity ha un ruolo essenziale – presso investitori istituzionali, siano essi i fondi Azimut o fondi terzi appartenenti alla nostra investor community.