Startup innovative: come investire e perché

Parlare di innovazione significa parlare di startup, o meglio, di startup innovative. Partiamo innanzitutto dalla definizione.

Cosa sono le startup innovative?

L'art. 25 del DL 179/2012 definisce la startup innovativa come una società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, non quotata su mercati regolamentati o su sistemi multilaterali di negoziazione, e:

  • costituita da non più di 5 anni;
  • residente in Italia o in Stati membri dell’Unione Europea o aderenti allo Spazio Economico Europeo purché con sede produttiva o filiale in Italia;
  • con oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico;
  • con valore della produzione annua non superiore a EUR 5M;
  • che non distribuisce utili;
  • non costituita a seguito di fusione, scissione, cessione di azienda o di ramo d’azienda.

È necessaria, inoltre, la presenza di almeno uno tra i seguenti requisiti:

  • spese di R&S in misura almeno pari al 15% del maggiore tra costo e valore della produzione;
  • impiegare personale altamente qualificato (1/3 della forza lavoro complessiva con titolo di dottorato di ricerca oppure 2/3 con laurea magistrale);
  • titolare (o depositaria o licenziataria) di almeno una privativa industriale o di un software registrato.

I numeri delle startup innovative in Italia

Secondo gli ultimi dati del Ministero dello Sviluppo Economico al primo trimestre 2020, il panorama italiano delle startup innovative è costituito da 11.206 imprese, che impiegano complessivamente più di 65.000 persone, di cui il 17,5% under 35. I numeri sono in forte e costante crescita: il dato di fine anno parlava di 10.882 imprese, mentre solo cinque anni fa si superavano di poco le 3.000 unità. In media, il capitale sociale sottoscritto è di poco superiore a EUR 50.000, in crescita del 7,1% rispetto a fine 2019.

La distribuzione territoriale è piuttosto disomogenea. La Lombardia ospita il 27,1% delle startup innovative italiane (ovvero, 3.038 unità) e solo la provincia di Milano il 19,6%. Segue il Lazio, unica altra regione a superare le 1.000 unità (11,3% del totale), mentre il Trentino Alto Adige è la regione che vanta la maggiore densità: su 100 società costituite negli ultimi 5 anni, 5 sono startup innovative (5,3% per l’esattezza il tasso di incidenza, 3,1% la media nazionale).

Più del 70% delle startup innovative fornisce servizi alle imprese (in particolare, produzione di software e servizi informatici, R&S, servizi d’informazione), con un’incidenza sul totale delle nuove società di servizi dell’8,5%.

Come investire in startup

I due strumenti principali per investire nelle startup sono il Venture Capital e il Crowdfunding. In linea di massima si parla di investimenti in equity, ovvero capitale di rischio, che comportano l’acquisizione di quote o azioni della startup (solitamente fino al 20-25%).

Il Venture Capital

Il Venture Capital è una forma di investimento a medio-lungo termine in capitale di rischio di aziende non quotate, in fase di avvio dell’attività, caratterizzate da un elevato potenziale di sviluppo. Viene svolto da investitori istituzionali su un arco di tempo predefinito, con l'obiettivo di guadagnare sull’aumento di valore della società a scadenza, oppure dalla quotazione in borsa della startup, o ancora dalla cessione della propria partecipazione in caso di vendita della startup ad un’altra società.

Chi svolge attività di Venture Capital non si limita a conferire capitale di rischio, ma partecipa alla realizzazione del progetto imprenditoriale e affianca il management della startup apportando la propria esperienza e conoscenza professionale sui diversi ambiti di attività (finanza, marketing, consulenza strategica e operativa, etc.).

Nel concreto, si tratta di fondi chiusi promossi e gestiti da una società di gestione del risparmio (SGR) autorizzata, della durata predefinita di 3-10 anni, costituiti da investitori (definiti appunto venture capitalist) che si assumono un alto rischio in cambio di un elevato rendimento atteso.

Si può investire in startup innovative anche diventando un Business Angel: si tratta in questo caso di persone fisiche appassionate alla causa e al progetto della startup, i quali, esattamente come i Venture Capital istituzionali, sono in grado di fornire la propria esperienza nel settore specifico, al fine di far crescere l’impresa, oltre che apportare capitale di rischio. Non è prevista una durata specifica come nel caso dei fondi di venture capital, ma si tratta in ogni caso di un investimento di medio-lungo periodo con guadagni legati ad una IPO o a cessione di quote in collocamento privato.

Il Crowdfunding

Lo strumento più comune e più accessibile per investire in startup sono le piattaforme di Crowdfunding, un canale online in cui le persone fisiche investono in progetti imprenditoriali presentati in maniera standardizzata e corredati da documentazione fornita dalla startup stessa e dagli analisti della piattaforma. È un fenomeno nato in Australia e negli USA ma divenuto diffusissimo anche in Europa e specialmente in Italia, che è stato il primo paese al mondo ad introdurre nel proprio ordinamento norme e leggi ad hoc.

Alla domanda “come può un privato investire in startup?” il Crowdfunding è un’ottima risposta, un metodo veloce ed efficiente, con poca burocrazia, impegno finanziario limitato (gli importi minimi di investimento possono scendere in alcuni casi fino a EUR 250) e nessun impegno professionale. La chiave è l’utilizzo di piattaforme online che consentono agli investitori di avere un’immediata panoramica dei progetti con potenziale di crescita, facilitando così anche la diversificazione del proprio portafoglio.

Perché investire in startup?

Per investire in startup bisogna avere innanzi tutto una forte propensione al rischio. A fronte di rendimenti potenzialmente anche molto elevati (parliamo di imprese ad alto potenziale di crescita), c’è la possibilità di perdere l’intero capitale investito, e bisogna in ogni caso avere un orizzonte di investimento di medio-lungo termine, durante il quale non vengono distribuiti dividendi o interessi. Abbiamo detto rendimenti potenzialmente anche molto elevati. Nella pratica, il guadagno è legato al valore della startup al momento della cosiddetta “exit”, e cioè pari alla differenza tra valore della quota al momento dell’acquisto e valore della quota al momento in cui la startup viene acquistata da un'altra impresa o quotata in borsa. Al di là del guadagno personale, gli investitori in startup contribuiscono allo sviluppo dell’ecosistema dell’innovazione del nostro Paese e per questo motivo sono state studiate apposite agevolazioni fiscali.

Agevolazioni fiscali per chi investe in startup

La Legge di Bilancio 2019 prevedeva agevolazioni fiscali per gli investimenti in startup innovative pari al 30%, su importi fino a EUR 1M per le persone fisiche e EUR 1,8M per le persone giuridiche. 

Il Decreto Rilancio di maggio 2020 ha aumentato la detrazione per le persone fisiche portandola al 50%, in relazione a investimenti diretti nel capitale sociale di una o più startup innovative, oppure di organismi di investimento collettivo del risparmio che investano prevalentemente in startup innovative. L'investimento massimo detraibile non può eccedere, in ciascun periodo d'imposta, l'importo di euro 100.000 e deve essere mantenuto per almeno tre anni. Resta invece fissata al 30% su investimenti oltre EUR 100.000 ma comunque inferiori al milione, e per le persone giuridiche.

La misura avrà sicuramente un effetto positivo sugli investimenti di importo limitato, parte essenziale del ciclo di vita di una startup innovativa, anche se poco si sposa con l’attività dei business angels. Un ulteriore passo, su cui da tempo vengono avanzate proposte al momento non accolte a livello governativo, è la detassazione dell’exit, per stimolare la circolazione dei capitali.

Contribuire allo sviluppo dell’innovazione

Il mondo delle startup è fortemente rappresentato da figure giovanili, (il 17,5% dei fondatori è under 35). Investire in una startup innovativa significa investire su un ricambio generazionale che in quasi tutti i settori del nostro Paese fatica ad avvenire. Significa digitalizzare e innovare il tessuto imprenditoriale del nostro Paese, ridando vita e vigore a un comparto che ha costituito nei decenni passati il fulcro delle ricchezze economiche italiane. Oltretutto non si parla di un semplice investimento in una impresa, ma di contribuire allo sviluppo di un intero ecosistema dell’innovazione, fatto di incubatori e acceleratori, università e centri di ricerca, consulenti e fondi di investimento dedicati. Rafforzare questo ecosistema significa rafforzare il tessuto economico italiano e abbassare il rischio degli investimenti, il che a sua volta favorisce investitori e startup. Quello che si crea di fatto è un circolo virtuoso a vantaggio dell’intero sistema Paese.

Analisi
6 minuti
28.05.2020
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