Investire o non investire: il dilemma delle imprese

Quadro economico a tinte fosche: vale la pena investire? O meglio seguire un approccio prudente ed attendista? 

L’ultima serie di dati della congiuntura economica ha fornito una fotografia in chiaroscuro circa il 2024. Le previsioni di crescita del PIL sono in rallentamento: la Commissione Europea ha ridotto le stime di crescita del Pil italiano nel 2024 al +0,7% rispetto allo +0,9% indicato nelle stime di novembre 2023. 

Inoltre, secondo i dati Istat, a febbraio 2024 emergono segnali contrastanti sulla fiducia degli operatori economici: l’indice del clima di fiducia dei consumatori aumenta da 96,4 a 97,0 mentre l’indicatore composito del clima di fiducia delle imprese scende da 97,9 a 95,8. Entrambi i valori sono molto inferiori rispetto ai valori registrati nel 2021. 

La lotta all’inflazione ha, come spesso accade, lasciato sul terreno alcune vittime, tra cui appunto il rallentamento dello sviluppo. Il fronte geopolitico ha, inoltre, sommato alla crisi ucraina anche lo scenario medio-orientale, con uno scossone non positivo costituito dalle difficoltà dei trasporti lungo un’arteria critica del commercio mondiale come il canale di Suez. 

E allora cosa fare? Perché investire proprio adesso dove sono più le ombre sul prossimo futuro che le luci di una ripresa? Non vale la pena attendere momenti migliori quando ci sarà maggiore visibilità di una rinnovata crescita? 

Sono queste considerazioni ben poste dove la proverbiale prudenza del “buon padre di famiglia” induce ad attendere e a posticipare le decisioni di investimento. 

Tutto questo ci porta però all’essenza del problema: la vita aziendale porta alla creazione di valore che deriva dalla differenza tra ricavi delle vendite e costi di funzionamento aziendale. È normale e logico mettere sempre al centro del focus “il fatturato” e la sua espansione: oggi però su questa variabile le previsioni non sono buone e difendere anche solo il dato 2023 può spesso essere visto come un successo.  

 

Costi e ricavi: il ruolo dell’efficientamento energetico 

Cosa rimane allora? La voce dei costi sapendo come nella vita aziendale i ricavi vanno conquistati ed i costi sono certi... Ma è possibile ridurre i costi con gli investimenti? Qui si apre una riflessione molto ampia che esula da questo breve articolo. In generale, l’investimento che affronta i costi punta all’efficientamento, cioè a ridurre le spese a parità di output ottenuto.  

Tra le altre cose, gli eventi recenti hanno evidenziato come un tallone d'Achille per molti operatori sia stato proprio l’aumento indiscriminato dei costi collegato al fronte energetico. Questo ambito è sicuramente un’area su cui vale la pena accendere un faro in quanto consente di migliorare l’efficienza aziendale riducendo i costi ma soprattutto il rischio di volatilità collegato ad un andamento non facilmente programmabile del costo delle fonti energetiche. In questo scenario quindi il tema è duplice: limito i costi e riduco la loro variabilità in futuro. 

Investire quindi, anche in uno scenario di incertezza, può essere consigliabile se non addirittura necessario in quanto consente di incidere sul lato negativo del conto economico, che ha normalmente un'elasticità limitata all’andamento dei ricavi.  

Volendo essere più fini nella riflessione è possibile, inoltre, argomentare come questi investimenti di efficientamento migliorano anche la quality of earnings e cioè contribuiscono a ridurre i costi a livello di EBITDA aumentando la marginalità. L’impatto dell’investimento porta invece ad un incremento degli ammortamenti e si riflette sull’EBIT; non ultimo se l’investimento ha vita utile di lungo periodo come nel caso dell’efficientamento energetico vi è una spalmatura del costo sul lungo termine. In sintesi, il saldo tra riduzione dei costi a livello di ebitda ed incremento ammortamenti a livello di ebit dovrebbe risultare positivo. 

E la cassa? Come faccio a finanziare l’investimento? In realtà, questi investimenti si inseriscono in quadro odierno estremamente favorevole, dove i nuovi programmi di garanzia statale migliorano la bancabilità delle operazioni e la durata del potenziale finanziamento. In conclusione, anche sotto il profilo della cassa esistono le condizioni per ridurre l’impatto iniziale (la spesa per l’efficientamento) e il risparmio in termini di costi (meno cassa in uscita annualmente) riesce spesso a sopravanzare l’ammontare della rata del finanziamento. 

 

Cosa serve allora per partire? 

Importante è la diagnosi iniziale e la ricognizione dei costi aziendali energetici sotto le varie forme (gas, elettricità). Bisogna anche tradurre questi fabbisogni in output rappresentati da energia elettrica, energia termica e/o frigorifera.  

Grazie al nostro team multidisciplinare, che mette insieme ingegneri chimici e specialisti di analisi finanziaria, siamo in grado di supportare l’azienda nel comprendere quali sono i suoi reali bisogni e come fare per realizzarli.  

Una volta chiaro il profilo energetico dell’impresa, è possibile capire dove orientarsi: è a questo punto, con una “diagnosi” alla mano, che Azimut Direct è a disposizione per capire quali sono gli interventi di efficientamento energetico da fare e quali strumenti finanziari mettere in gioco per realizzarli. 

Approfondimenti
4 minuti
26.03.2024
Share